Storia del vino in Italia
L'introduzione del vino nel nostro paese si deve a due popoli principalmente, i Fenici e i Greci, anche se probabilmente si possono rintracciare alcune piccole e rare produzioni locali. Comunque questi furono i due popoli che fecero del vino uno dei più importanti prodotti e commerci della nostra nostra Penisola. I Fenici dapprima importandolo soltanto e per la maggior parte in Sardegna e Sicilia, i Greci invece introducendo nuove varietà, addomesticandole e realizzando le prime vere sperimentazioni, anche se rustiche ed arcaiche, sulle uve. I Greci risulteranno quindi fondamentali nella storia vinicola italiana, in particolare quella meridionale che vede molte delle uve oggi vinificate essere state introdotte proprio nell'epoca della colonizzazione ellenica datata attorno al VII secolo a.C. Probabilmente il primo porto d'approdo che coinvolse il traffico di vino e di uve con questo popolo fu in Calabria, e successivamente in Campania ed in Sicilia, anche se le due prime regioni si contendono questo “primato”. I Greci cominciarono non solo a sviluppare la viticoltura e la vinificazione nei loro territori, ma contribuirono anche alla sua diffusione nelle altre aree, piantando in questo modo i semi i cui frutti saranno poi raccolti dai Romani e diffusi in tutta Europa per un prodotto che diventerà da subito e per tutti i secoli avvenire uno dei principali per tutti i popoli europei. Nel VII secolo la coltivazione e il consumo del vino erano già diffusi in Etruria e subito dopo raggiunsero l'Italia del nord, all'epoca abitata da popolazioni celtiche. Furono poi i Romani a creare quel grande ed importante movimento che farà del vino un'istituzione in tutta Europa. Ma già da prima, grazie all'enorme diffusione di buon vino concentrata nella nostra penisola, l'Italia veniva chiamata Enotria tellus, ovvero terra del vino. Alcuni storici fanno risalire l'inizio della viticoltura in Italia attorno al I millennio a.C., durante i primi viaggi dei Greci.
Il vino dell'antichità, sia presso i Greci che i romani veniva allungato con acqua, perché si ritiene fosse molto forte in alcool a causa delle vendemmie tardive dell'epoca, obbligate in un certo senso perché le vinificazioni erano poco affinate. In questo rito vi era la figura del magister bibendi o rex convivii, ovvero un commensale scelto dagli altri di volta in volta che stabiliva sia la proporzione tra acqua e vino (generalmente con il 65% della prima) che il numero di brindisi. In tutto l'Impero il vino si beveva non solo nelle case dei facoltosi, ma, grande novità per l'epoca, anche tra le classi medie e povere. Vi erano vini da tutti i prezzi e tutte le qualità, spesso venduti e consumati nelle tabernae, locali dove si mescolavano vari vini per le mescite. Caratteristica di questi locali erano dei banconi in muratura, dove vi erano inserite anche delle anfore in cui vi erano vini diversi, con dei piccoli fuochi per scaldare dell’acqua nella stagione invernale. E poi naturalmente tavoli e sedie. Vi erano anche taverne più aristocratiche, con belle decorazioni. Vi era anche del cibo, che per le taverne di basso rango era molto economico, come il vino. Oltre alla mescola con l'acqua, il vino veniva addizionato con miele e spezie, generalmente servito in questo modo quando di bassa qualità. Nell'impero il vino migliore proveniva dal sud, ed era il Falerno, oppure il vino prodotto alle pendici dell'Etna o quello dei Castelli Romani.
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Alla caduta dell'Impero, le invasioni ad opera dei barbari, crearono un forte declino della viticoltura che divenne nel basso Medioevo una prerogativa esclusiva dei monasteri, che conservarono le tecniche vitivinicole apprese durante l'antichità e poi anche migliorate, tanto che nel Rinascimento, con l'esplosione dei traffici commerciali marittimi e l'apertura di nuove rotte, il mondo del vino era pronto per ritornare ai fasti dell'impero. Nuovo centro mondiale del consumo era l'Inghilterra, protagonista della maggior parte delle importazioni. In Italia così si cominciò a perdere i primati mantenuti fin dall'antica Roma, in quanto vennero preferite regioni più vicine al paese anglosassone. L'Italia comunque fu interessata enologicamente per le importazioni di Marsala in Inghilterra e vino calabro in Francia, mentre altre regioni si dedicavano più che altro al commercio locale. La Spagna invece promosse la viticoltura in Sardegna, attitudine poi ripresa dal regno dei Savoia, mentre le grandi signorie riuscirono a mantenere dei primati italiani.
Dalla seconda metà dell’Ottocento in poi la viticoltura e il vino ripresero sempre più importanza, ma il secolo decisivo fu in Novecento, quando a partire dalla seconda metà quando si iniziarono ad istituire le prime denominazioni di origine controllata che nel corso di 50 anni hanno riportato il nostro paese a primati mondiali al pari della Francia, la grande protagonista degli ultimi quattro secoli. Sono state migliorate notevolmente, grazie ai vincoli legali dei disciplinari di produzione, le tecniche di coltivazione e produzione, e oggi si hanno dei risultati straordinari.
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