Dolcetto

Un po di storia

Il Dolcetto è un vitigno a bacca nera autoctono del Piemonte, coltivato esclusivamente in questa regione dove ha trovato nelle Langhe la sua terra preferita. Si parla per la prima volta del Dolcetto in un documento del comune di Dogliani, nel 1593, dove si richiamava i coltivatori a non sprecare le uve raccogliendole prima che fossero ben mature.

Le prime notizie invece scientifiche certe su questo vitigno sono datate 1798, ad opera del Conte Giuseppe Nuvolone Pergamo, allora vicedirettore della Società Agraria di Torino, che ne descrisse le qualità per conto della compagnia. Successivamente nel 1839 viene descritto da Giorgio Gallesio nella sua opera Pomona italiana, trattato degli alberi fruttiferi, oggi disponibile gratuitamente su internet che allora fu pubblicato in fascicoli a partire dal 1817. Il Gallesio comunque aveva già descritto nel 1812 il Dolcetto come un'uva autoctona del Monferrato, tornando sull'argomento poi nella sua opera, dove riportò anche tutte le altre viti piemontesi e le loro caratteristiche.

Il primo riconoscimento DOC per il Dolcetto è datato 1972, quando la denominazione di origine fu garantita al Dolcetto di Ovada. Oggi il Dolcetto vanta una buona fama, frutto soprattutto degli anni 70 e 80 del novecento, quando da questa varietà si vinificavano moltissimi vini da mensa, grazie alla sua buona produttività e coltivabilità.

Tra gli anni 20 e 30 sempre del novecento il Dolcetto fu protagonista delle terapie curative a base di uva, quella che oggi si chiama ampeloterapia, in quanto uva dai bassi contenuti di acidità ma dai ricchi tannini, quindi poco fastidiosa per lo stomaco se sottoposto a una dieta di sole uve.

Questa bassa acidità, e la dolcezza dei suoi acini, sono all'origine del nome dato a questa varietà, anche se i vini che se ne ricavano sono tutti secchi. L'uva del Dolcetto è comunque dolce tanto da essere in passato mangiata anche come uva da tavola.

In passato la sua coltivazione era così diffusa che veniva utilizzato come merce di scambio sia con la vicina Liguria, sia a livello locale con la pianura, in cambio dei vitellini allevati dai pastori.

un grappolo di Dolcetto

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La varietà

Il Dolcetto più famoso Il dolcetto è una varietà a bacca rossa molto precoce, di bassa acidità che viene coltivata in provincia di Cuneo ed Alessandria, mentre è quasi del tutto assente nelle altre zone sia piemontesi che italiane, e del tutto sconosciuto all'estero, salvo qualche raro ettaro coltivato in California e in Argentina, di cui però si hanno notizie contrastanti.

Il Dolcetto è stato largamente impiegato per produrre vini di consumo quotidiano, ed è quindi parte della cultura delle Langhe, sua patria naturale e nativa. Questo suo largo utilizzo è favorito sia dalla bontà dei vini che produce, sia dalla sua precocità, che gli consente di dividersi il territorio con l'opulento Nebbiolo, senza intralciare e intersecare le due produzioni, evitando così ai coltivatori la scelta di, e se, coltivare una o l'altra varietà.

Rispetto al suo nobile vicino infatti, il Dolcetto matura anche con quattro settimane di anticipo, e quindi può lasciare le posizioni migliori e più esposte al sole, quelle più alte, al suo aristocratico compagno di Langhe, che maturando tardi invece, ha più bisogno di sole. Questa sua facilita di maturazione ha fatto si che il Dolcetto venisse coltivato nelle zone meno esposte. Nell'area del Barolo e del Barbaresco ad esempio, il Dolcetto non viene coltivato sulle zone esposte a sud, lasciando così il posto alla coltivazione del nobile Nebbiolo. Solo nelle zone troppo alte per il Nebbiolo il Dolcetto prende il suo posto.

Ad Ovada e ad Alba ad esempio viene coltivato in zone dove le altre varietà avrebbero grosse difficoltà di maturazione. I coltivatori della zona asseriscono che il Dolcetto prediliga le zone a marne bianche che si trovano sulla riva destra del Tanaro, mentre ne risente in condizioni di terreni pesanti e ricchi.

Il Dolcetto è quindi una varietà che si coltiva con estrema facilità, i cui unici inconvenienti sono rappresentati da una certa sensibilità alle malattie fungine e alla caduta dei grappoli a settembre dovute da alcune mattinate piuttosto fredde.

In Liguria il Dolcetto è coltivato con il nome di Ormeasco sulle montagne a ridosso del confine piemontese e rappresenta per l'Italia, la sua coltivazione più meridionale. Il Dolcetto infatti, proprio per la sua precocità, non può essere coltivato in climi caldi, e anche all'estero è presente in pochissime aree fredde.

Una notizia proveniente dall'ampeologo francese Galet, riferisce che il Dolcetto altri non sarebbe che il Douce Noir della Savoia, meglio noto con il nome di Charbonneau, e da qui sarebbe conosciuto in California con il nome di Charbono. Ma a parte Galet, nessun altro ampeologo attualmente dubita invece dell'origine piemontese del Dolcetto.


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La vinificazione

Se il Dolcetto è una varietà estremamente facile da coltivare, per contro incontra molte difficoltà durante la vinificazione, difficoltà dovute proprio alla sua bassa acidità.

Le fermentazioni devono essere molto brevi in confronto alle altre uve, ma a venire incontro ai produttori sono gli elevati contenuti in tannini, che consentono, nonostante le brevi macerazioni, di ottenere colore e sapore, tanto che una delle caratteristiche dei vini da Dolcetto, sono proprio i depositi che si formano in seguito nella bottiglia. Le bucce degli acini sono ricchissime di pigmenti, e il vino ha colori molto scuri, rubino-violacei, come se avessero subito una lunga macerazione.

I vini ottenuti con il Dolcetto devono essere consumati preferibilmente entro i due, tre anni di età. Hanno un bel colore come detto poc'anzi, e se ben vinificati, possono invecchiare dai cinque agli otto anni.

Da giovani sono vini freschi, leggeri e vivaci, sempre secchi con un retrogusto spesso amarognolo per una pronta beva. Invecchiati sono dotati di un buon corpo e una discreta struttura, con sapori decisamente morbidi.

Può avere gusti anche ammandorlati, comunque fruttati e vinosi. È un vino che riesce ad accompagnare moltissimi tipi di pietanze, dagli agnelli alla cacciagione, fino alla carne bianca e ai salumi. Va servito tra i 16 e i 20°C.


I DOC e DOCG del Dolcetto

Il Dolcetto è protagonista anche di ben otto denominazioni, sia DOC che DOCG, tutte chiaramente appartenenti alla regione Piemonte.

La prima DOC ad essere inaugurata fu quella di Ovada nel 1972, ci sono poi le DOC Dolcetto d'Acqui, Dolcetto d'Alba, Dolcetto d'Asti, il rarissimo Dolcetto delle Langhe Monregalesi, il Dolcetto di Diano d'Alba o Diano d'Alba e il Dolcetto di Dogliani.

Nella classificazione sotto il marchio DOCG invece c'è il Dolcetto di Dogliani Superiore o Dogliani.

Il Dolcetto d'Alba è probabilmente il più famoso e consumato tra tutte le denominazioni, grazie al suo profumo e gusto estremamente fruttato e alla media acidità. Accompagna bene tutti i pasti e può essere anche invecchiato per ottenere la menzione superiore.

Il Dolcetto delle Langhe Monregalesi è una rarità prodotta in dieci comuni adiacenti a Mondovì, ed ha un gusto giovane e fruttato alla ciliegia e alla confettura di frutti rossi. Il gusto è ben secco, con retrogusto alle mandorle e un palato caldo e avvolgente.

Il Dolcetto di Dogliani è forse il più elegante tra le denominazioni, e come detto in precedenza, viene menzionato già nel cinquecento, a testimonianza della sua storia e tradizione.

Conserva ottimi profumi fruttati, sia da giovane, dove è fresco e vivace, sia invecchiato, dove ammorbidisce la sua alcolicità e matura come un grande vino. Più degli altri viene particolarmente curato nella vinificazione, con una pigiatura molto dolce e delicata, e una separazione dalle bucce la più rapida possibile, per non rovinarne il sapore e la morbidezza.


I migliori Dolcetto piemontesi

Sono moltissimi i vini di gran pregio vinificati con il Dolcetto in purezza. Ottimi prodotti come quelli di Anna Maria Abbona, che vinifica il Dolcetto di Dogliani Superiore di 14% vol con intensi profumi di ciliegia e susina rossa, avvolte nella delicatezza della mandorla. Un caldo palato per il coniglio. Oppure il Dolcetto di Dogliani Maioli, dagli aromi di fragola e frutti di bosco, fresco ed invitante per l'abbinamento con il pollo alla cacciatora. Sempre la stessa azienda produce anche il Dogliani Sori Dij But, sapido per il ragù e le Langhe Dolcetto, fresco e semplice per il maiale alla senape.

Per un grande Dolcetto di Diana abbiamo il Montagrillo di Claudio Alario, ottimo ed elegante con i suoi profumi di frutti neri, more, cassis e susine. Il palato vellutato è ben strutturato, da abbinare con la pasta e fagioli e altre minestre dai sapori forti. Ottimo anche lo scuro Costa Fiore, fruttato e intenso ma con la frutta rossa matura e dei tocchi balsamici. Per lui pappardelle al sugo d'anatra.

Uno dei migliori, con un prezzo assolutamente strepitoso in rapporto alla qualità, è il Dolcetto d'Alba di Luigi Baudana, ricchissimo e profondo, intenso negli aromi di lampone, ciliegia matura e susina, potente al palato e ben strutturato per il coniglio fritto.

Ancora uno dei migliori è il Dolcetto d'Alba Tiglineri di Enzo Boglietti, con un colore denso e nero, un naso pieno di frutti neri, balsami e confettura. Corpo opulento e pieno, lunghissimo, da abbinare alla pasta fresca con sugo di lepre. Sempre Boglietti vinifica anche un Dolcetto più giovane, ma sempre intenso, con frutti rossi e neri, more di gelso e lamponi, corpo pieno e strutturato, da sorseggiare con la toma piemontese.

Con Francesco Boschis il Dolcetto di Dogliani Vigna dei Prey si veste degli intensi profumi della mora, della gelatina di prugna e delle spezie ammantate da tocchi balsamici. Ottimo palato strutturato per l'ossobuco ai pisellini. Il Superiore Vigna del Ciliegio apre un po bruscamente ma poi esprime tutta la sua eleganza con i fiori rossi e le confetture alle more toccate dalla vaniglia. Il palato è fresco ma ricco e ben strutturato, complesso e lungo, con tutti i sapori ben in evidenza. Va accompagnato ai risotti di carne e salsicce.




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