La selezione clonale in Italia

Principi generali

La selezione clonale sta divenendo di importanza sempre maggiore nel nostro secolo grazie alle innovazioni della botanica e delle ricerche a livello biologico e molecolare.

Attraverso le nuove scienze i ricercatori cercano di produrre delle variazioni varietali delle uve già conosciute in modo da sopperire a quelle problematiche create dalle malattie e dalle condizioni ambientali avverse.

Dagli anni 70 del novecento, con le nuove tecnologia, sono stati prodotti numerosi cloni di viti per renderle resistenti a particolari malattie e condizioni.

I viticoltori infatti sono ancora terrorizzati dal rischio di estinzione per le viti dovuto all'esplosione della filossera alla metà dell'ottocento, quando tutti i vitigni furono devastati da quest'insetto che sembrava non poter essere fermato in nessun modo. Fortunatamente la vite americana, cresciuta separatamente e quindi leggermente diversa da quella euroasiatica, era immune all'attacco di questi insetti e così, una volta scoperta questa caratteristica, tutti i vigneti del vecchio mondo furono reimpiantati su porta innesti americani.

Oggi la scienza sta dando la possibilità di creare cloni varietali con particolari caratteristiche di resistenza a molte malattie della vite.

Naturalmente tutto questo deve avvenire sotto un attento controllo e una ricerca rigorosa disciplinata per legge ed eseguita nella pratica da centri di ricerca autorizzati e dipendenti dal Ministero dell'Agricoltura. Per l'Italia è il CNR il centro di riferimento, ma sono molti gli istituiti che si occupano di clonazione varietale e poi sottopongono i loro brevetti al Ministero.

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La legge di riferimento

Il Sangiovese Oggi, con la Comunità Europea, la normativa che regola la selezione clonale e implementa la legge nazionale del 8 febbraio 2005, è la 68/193/CEE, specifica per la vite.

A questa si può fare riferimento per quanto riguarda le norme specifiche.


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Come funziona la clonazione

Un clone per definizione è una pianta che deriva ed è uguale ad una pianta progenitore scelta per le sue particolari caratteristiche di resistenza, produzione, qualità e stato sanitario. Con il clone è possibile riprodurre in serie le migliori viti, senza quindi farle impollinare e modificare spontaneamente in modo da perdere determinate caratteristiche. Chiaramente con l'impollinazione le caratteristiche potrebbero anche migliorare e comunque la pianta seguirebbe la sua evoluzione naturale, quindi non si deve usare la clonazione come sostituto permanente.

Come ogni cosa la clonazione deve essere utilizzata con parsimonia e responsabilità, etica e buonsenso.

La scelta dell'uso di viti clonate appartiene comunque esclusivamente al coltivatore e in genere utilizzata da questi solo per lo stretto necessario.

Compito della clonazione è combattere soprattutto le virosi, ovvero quelle malattie virali che potrebbero compromettere la salvaguardia della specie o anche di una singola varietà. Infatti le varietà in genere rispondono già spontaneamente e naturalmente in modi diversi alle differenti condizioni ambientali, e quindi la clonazione risulta essenziale solo in una piccola percentuale di casi.

I diversi cloni possono essere anche incrociati fra loro in modo da riuscire ad ottenere varietà con caratteristiche peculiari.

Nelle procedure di clonazione la prima fase riguarda l'individuazione della varietà da clonare che sia già rispondente alle caratteristiche che si vogliono ottenere. Questo gia pone dei limiti notevoli alla clonazione, che risulta infatti inutile per varietà deboli, anche per motivi economici. In questo caso è meglio affidarsi alla selezione naturale con indirizzo antropologico attraverso vari incroci come si è sempre fatto nelle vigne, quando i coltivatori cercano di ottenere naturalmente nuove varietà più resistenti o adatte alle loro esigenze.


La selezione clonale in Italia: Le varietà clonate e il loro utilizzo

Come detto nel paragrafo precedente, si tendono a clonare le varietà migliori per preservarne determinate caratteristiche che potrebbero andare perse durante l'evoluzione spontanea della specie.

La varietà più clonata d'Italia è forse il Sangiovese, la nobile uva dell'Italia centrale alla base dei supertuscans.

Sempre in riferimento a quanto finora detto, la clonazione non ha come scopo la sostituzione delle viti “naturali” con quelle “clonate”, e quindi raramente viene utilizzata una specie clonata per vinificare i vini, anche per la tendenza di oggi dei produttori di osservare il più possibile gli indirizzi biologici della natura e l'attenzione maggiore che l'opinione pubblica ha nei confronti della scienza genetica moderna.

Attualmente le piante clonate servono più che altro nella comparazione di laboratorio e nella conservazione della specie, e non sembra esserci l'intenzione, soprattutto da parte dei viticoltori, di ricorrere a talee clonate, sia per motivi etici che economici. È infatti molto più conveniente la riproduzione naturale che l'acquisto di prodotti da laboratorio.

I laboratori italiani sono ormai pieni di piante clonate, ma al momento queste non vengono praticamente utilizzate se non per la comparazione. C'è anche tutta una serie di valutazioni ancora allo studio sugli effetti della clonazione sugli esseri viventi, e quindi la situazione permane molto delicata per quel che riguarda lo sfruttamento vero e proprio della clonazione. La natura da ampie garanzie ai coltivatori e ai consumatori sulla propria salvaguardia, e quindi non esistono emergenze come quella temuta alla metà dell'ottocento che gettò nel panico tutto il vecchio mondo di fronte alla filossera.



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