Vesuvio
L'area vinicola dove si produce la denominazione di origine controllata Vesuvio DOC è chiaramente quella che circonda il famoso vulcano nel napoletano, che si affaccia sul mare, occupando una vasta aerea con le sue pendici, a cui fa riferimento una vasta area collinare. Naturalmente il vulcano domina su tutto il territorio ed è la caratteristica principale e primaria del territorio, il fulcro delle coltivazioni, non solo viticole, e l'essenza stessa dei sapori. Il vulcano infatti in passato, e tornerà a farlo in futuro, ha riversato sul territorio tonnellate di magma e minerali, distrutto vite, non solo
L'intensa attività vulcanica passata ha ricoperto in superficie un territorio complesso di formazione umane ma anche vegetali, ma rigenerato allo stesso tempo la terra, rendendola più ricca e fertile. Lo scontro poi tra la placca euroasiatica e la placca africana si fa sentire fino a qui. Ma le scosse telluriche non dipendono soltanto dagli scontri fra placche. Recenti studi hanno infatti rivelato che la camera magmatica del Vesuvio è incredibilmente grande, segno che il vulcano prima o poi tornerà a riversare i nuovi materiali sul territorio. Geologicamente, oltre all'azione del vulcano, le colline della zona fanno parte della catena appenninica, altra nota dominante della regione. Si tratta di falde di ricoprimento che si sono originate dalla deformazione di varie strutture paleogeografici formate da piattaforme carbonatiche e bacini pelagici. Questa precisazione fa intuire come la placca africana sia presente anche qui, in quanto queste strutture sono tipiche di quella placca. Qui l'area si è originata come tutto il Meridione, dall'emersione del fondale marino della Tetide, l'antico mare presente in luogo del mediterraneo. Questo fondale di sedimenti, costituito da evaporiti e carbonati, ha subito prima un processo di oceanizzazione, e poi, una volta interrotta, una separazione teutonica. Da qui le varie differenze tra la piattaforma carbonatica di tipo bahamiano che subì una velocissima sedimentazione, con altri bacini con sedimentazioni diverse, anche marine, ma dunque pure vulcaniche, continentali e di transizione.
Dal punto di vista climatico abbiamo le classiche caratteristiche del Meridione italiano con un tempo mite, temperato e rinfrescato dai venti provenienti dal mare.
Questa è la zona di un vino divenuto oggi famoso e conosciuto, il Lacryma Christi, che sta attirando le attenzioni degli appassionati.
I vitigni bianchi sfruttati per la produzione della denominazione di origine controllata sono il Coda di Volpe, il Verdeca, la Falanghina e il Greco. Si tratta di tre vitigni autoctoni della regione, coltivati qui da tempi antichissimi. Il Greco infatti deve il suo nome proprio ai Greci che lo portarono sulle coste italiane durante la loro prima colonizzazione, nel VIII secolo avanti Cristo. Il Falanghina è altrettanto antico, tanto che il suo nome proviene dal greco Falangos che ne indicava il metodo di allevamento, tramite pali di sostegno. Il Coda di Volpe fu descritto già da Plinio il Vecchio, ed è quindi altrettanto antico. Il Greco presente in Campania è il sottotipo Greco di Tufo, molto aromatico ed apprezzato in particolare negli ultimi decenni. Stesso discorso si avanza con il Falanghina, aromatico e divenuto molto prezioso grazie alle nuove tecniche di allevamento. Il Coda di Volpe invece si distingue per la sua leggerezza, e poca acidità, per cui viene utilizzato per il taglio di vini molto acidi, in modo da equilibrarli. In purezza invece regala vini fini ed aromatici, ma con uve vendemmiate precocemente. Attualmente è il vitigno principale della denominazione.
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La denominazione di origine controllata Vesuvio nasce dal decreto ministeriale del 13 gennaio 1983 e autorizza la vinificazione di bianchi, anche spumanti e liquorosi, rossi e rosati nei comuni di Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Boscoreale, Torre Annunziata, Torre del Greco, Ercolano, Portici, Cercola, Pollena – Trocchia, Sant’Anastasia e Somma Vesuviana, tutti in provincia di Napoli.
La base ampelografica prevede l'utilizzo del Coda di Volpe (qui conosciuto anche come Caprettone o Crapettone) da solo o inseme al Verdeca per un minimo del 80%. Il Coda di Volpe deve comunque essere presente nell'assemblaggio almeno per il 35%. Questo assemblaggio è quello tipico del Lacryma Christi. Poi vi sono il Falanghina e il Greco da soli o insieme per un massimo del 20%.
Il disciplinare autorizza le rese massime delle uve a 10 tonnellate per ettaro, e la gradazione alcolica minima che devono fornire è di 11,00% vol.
Si iscrivono i vigneti su terreni ben esposti, di origine vulcanica e concentrati in potassio. La vinificazione è autorizzata in tutta la provincia di Napoli e di Avellino.
De Angelis vinifica il Lacryma Christi del Vesuvio Bianco con il 60% di Coda di Volpe e il 40% di Falanghina, per un colore paglierino chiaro. Al compaiono complessi aromi di drupe gialle su un lieve fondo minerale. Al palato è sapido e caldo, ottimo per gli spaghetti ai totani.
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