Irpinia
L'area che coinvolge la produzione della denominazione di origine controllata Irpinia DOC è molto grande, trattandosi di una grande porzione dell'Appennino che trascorre in Campania dove la geologia di massima è quella dell'emersione del fondale marino in epoca antica. Nello specifico i materiali affioranti sono quelli dell'Unità del Vallone del Toro, in cui la formazione è dovuta ad una successione pelitico-evaporitica dell'era Messiniana. Qui troviamo una composizione di tre diverse costituzioni, quali sono le Argilliti policrome, le Argilliti in cui sono presenti i gessi di Mezzana di Forte e infine le Calcareniti e le marne dei Serroni. Queste fomazioni sono quelle affioranti in superficie, ma in profondità si possono trovare altre formazioni geologiche. La più profonda è formata da Flysch Rosso, che salendo diviene Flysch Numidico. Più in alto possiamo trovare l'arenaria, e poi le argille colorate. Poi vi è la Formazione di Corleto Perticara la cui conformazione si basa su strati di marne e calcari che hanno avuto origine nel Miocene. Poi si trovano ancora arenarie e marne, sedimentazioni silicee e clastiche, che in prima battuta sono derivate da tufo, e quindi dalla quarzarenitica ovvero il Flysch Numidico. Chiudono, appena sotto la superficie, le Arenarie di San Giorgio. Il clima è quello classico montano, continentale con inverni rigidi ed estati fresche, dove le uve che vengono scelte siano capaci di produrre bene al freddo e al fresco. In inverno non mancano le nevicate abbondanti, con temperature anche sotto lo zero.
I vitigni bianchi che vengono coltivati per la produzione dei vini bianchi sotto la denominazione dell'Irpinia DOC sono molti, ma comunque tutti ideali per i climi freddi, come il Cosa di Volpe, la Falanghina, il Fiano e il Greco.
Il Coda di Volpe è un vitigno autoctono della Campania, chiamato così perché la sua forma ricorda proprio la coda di questo animale, con la sezione bassa del grappolo tozza divisa dalle ali senza soluzione di continuità per dare al grappolo una forma a “T”. Il Coda di Volpe è antico tanto che Plinio il vecchio lo descrisse nell'
Historia Naturalis e in passato veniva assemblata con altre uve. In purezza viene vinificato solo di recente, quando nel 1985 partirono le sperimentazioni grazie a Luigi Pastore e Domenico Ocone, che anticiparono la vendemmia per aumentare l'acidità, altrimenti bassa, e limitarono le rese. Con le vendemmie nel periodo classico invece si ottengono uve poco acide, ottime per i tagli dove appunto si vuole abbassare l'acidità complessiva del vino.
Il Coda di Volpe si è così diffuso in tutta la Campania ed è stato iscritto in numerosi disciplinari di denominazioni di origine DOC campane. Il Coda di Volpe si distingue per i grappoli di grosse dimensioni, a spargolo o serrati. Gli acini sono piccoli e tondi, con spesse bucce pruinose. Il vitigno ha produzioni medie e costanti, che i viticoltori tendono a limitare ancor di più da quando lo vinificano in purezza. Non è vigoroso e soffre anche alcune malattie. La vendemmia viene in genere anticipata alla seconda metà di settembre. In Irpinia si trova perfettamente a suo agio, coltivato a quote medie in collina, ben esposto. Gli acini sono molto concentrati in zucchero, e quindi come detto ben si offrono a stemperare le acidità elevate.
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La denominazione di origine controllata Irpinia è stata istituita con decreto ministeriale appena il 13 settembre del 2005, e autorizza la vinificazione in bianco, rosso e rosato, in tutta la provincia di Avellino. Vengono distinte anche alcune sottozone di qualità quali i Campi Taurasini corrispondente ai omuni di Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella, Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant’Angelo all’Esca San Mango sul Calore, Torre le Nocelle, Venticano, Gesualdo, Villamaina, Torella dei Lombardi, Grottaminarda, Melito Irpino, Nusco, Chiusano San Domenico tutti in provincia di Avellino.
La base ampelografica per i vini bianchi prevede l'impiego principalmente del Greco dal 40 al 50%
e del Fiano con la stessa percentuale ma possono essere impiegati anche gli altri vitigno menzionati nel paragrafo precedente fino ad un massimo del 20%, oltre alle menzioni monovitigno per tutti e quattro i vitigni principali sopra menzionati. Come in quasi tutte le tipologie monovitigno l'uvaggio menzionato deve esserci per almeno l'85%. Si iscrivono all'albo i vigneti i buona esposizione e in collina sotto i 600 metri di quota.
Sono autorizzate le tipologie Irpinia bianco, Irpinia Passito, Irpinia Coda di Volpe, Irpinia Falanghina, Irpinia Falanghina spumante, Irpinia Fiano, Irpinia Fiano spumante, Irpinia Fiano passito, Irpinia Greco,
Irpinia Greco spumante e Irpinia Greco passito.
Le rese massime delle uve sono disciplinate a 13 tonnellate per ettaro nel caso del bianco generico e 12 t/ha per le menzioni monovitigno.
L'azienda Di Meo produce l'Irpinia Coda di Volpe tagliandolo con il 15% di Fiano e il 10% di Greco. Buone note agrumate e di pesca con un palato delicato e ammandorlato, perfetto per le cozze alla marinara.
Altro buon Irpinia Coda di Volpe da Marianna, stavolta con profumi di mughetto, glicine e albicocca acerba. Delicato e molto fresco, ottimo in aperitivo.
Da Terredora invece l'Irpinia Falanghina, paglierino chiaro, fruttato alla pesca e all'albicocca, con un tocco aggrumato. Un perfetto equilibrio fresco-sapido per un corpo leggero e mobile, perfetto ancora come aperitivo.
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