Falerno del Massico

La zona vinicola

La zona vinicola del Falerno del Massico si estende nell'area di origine vulcanica delimitata dall'antico vulcano di Roccamorfina, ormai inattivo da migliaia di anni, dopo che per circa 600 mila anni, fino a 50 mila anni fa, fece sentire la sua presenza sul territorio con eruzioni che hanno depositato colate laviche ricche di minerali e potassio in particolare, utili per fornire gusto e profumi aristocratici ai vini prodotti con le uve della zona. Il vulcano si trova nella depressione tettonica del Garigliano dove lo spessore della crosta inferiore alle altre aree facilitava la fuoriuscita di magma in passato e l'attività sismica odierna. Nell'area inoltre vi sono numerose sorgenti termali di acque oligominerali.

Come in tutte le aree vulcaniche il suolo è molto fertile, grazie al profondo rinnovo provocato dal rinnovamento del terreno grazie alle eruzioni. Inoltre questa zona si segnala per la buona presenta di argilla. Queste caratteristiche consentono alle coltivazioni non solo una crescita migliore, ma anche proprietà organolettiche diverse e di qualità.

Anche il clima temperato favorisce queste proprietà delle uve, trasferite poi nei vini. Il classico clima del Mediterraneo meridionale, grazie alla presenza del mare, non risulta troppo caldo grazie alla ventilazione delle brezze marine. A parte il vulcano, la toponomastica della zona vede una prevalenza di territori pianeggianti, mentre le colline vengono segnalate all'interno, dove dal punto di vista climatico si segnalano fenomeni frequenti di nebbia durante la notte.

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I vitigni bianchi

L'unico vitigno autorizzato nella produzione dei vini bianchi del Falerno del Massico DOC è la Falanghina, la straordinaria antica varietà campana, di cui si sa poco riguardo l''introduzione nella regione, a parte il periodo che dovrebbe risalire a quello greco della colonizzazione che diede vita alla Magna Grecia nel sud dell'Italia. Con i Romani infatti se ne conosceva gia la coltivazione con il nome latino di phalange, derivato dal greco falangos indicante il sistema di coltivazione che vede i tralci legati a dei pali. Oggi la Falanghina viene allevata nel Sannio e a nord di Napoli, e poi a macchia di leopardo in tutta la regione che la sta rivalutando negli ultimi decenni, dopo un lungo periodo di oblio a partire dall'Unità d'Italia. Oggi la Falanghina, dopo essere stata relegata ad uva di quantita, è stata riscoperta tanto da divenire molto rinomata anche all'estero. La sua conoscenza dopo le descrizioni dei tempi antichi si deve al Columella Onorati che la descrisse nel 1804. Questo frate francescano fu docente all'Università di Napoli nella facoltà di agricoltura. I suoi studi furono infatti poi ripresi da Giuseppe Acerbi nel 1825 che ne diede una delle descrizioni più complete sulle quali lavorò anche Federico Corrado Denhart nel 1829. Cosi che quando nel 1879 fu il Cavaliere Giuseppe Frojo nel 1879 a descriverla, il suo lavoro risultò completo anche grazie agli studi precedenti, tanto da avere una dettagliata relazione sul ciclo vegetativo e sulla vinificazione come poche uve allora. Ma furono le nuove leggi per istituire le denominazioni italiane che riportarono la Falanghina al ruolo che oggi le spetta di diritto per la sua aromaticità.

In particolare i viticoltori della zona settentrionale del Napoletano scelsero per un cambiamento radicale del sistema d'allevamento, prima mirato su rese alte per la distillazione dei brandy, per sistemi che aumentassero notevolmente la qualità a scapito della produzione. Il risultato oggi è evidente nella qualità del Falanghina che deve la sua notorietà a partire dal 1989 proprio all'istituzione del Falerno del Massico Bianco DOC. Il successo della denominazione ha riportato i viticoltori campani a riconsiderare la produzione della Falanghina ad uva di qualità e non ad uva da Brandy, grazie anche al coinvolgimento di numerosi esperti che hanno fornito un apporto decisivo alla diffusione del vino.


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Il Falerno del Massico DOC bianco

La denominazione di origine controllata Faleno del Massico vide la luce il 3 gennaio 1986 quando vennero autorizzate le produzioni di vini bianchi e rossi nei comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico e Carinola tutti in provincia di Caserta. Nella produzione dei bianchi l'unico vitigno autorizzato è il Falanghina coltivato nell'area con rese non superiori alle 10 tonnellate per ettaro. La gradazione alcolica minima deve essere di minimo 10,50% vol.

Il vino deve essere secco e sapido, paglierino con riflessi verdolini. Ottimo l'abbinamento con le carni bianche aromatizzate.


Le aziende

falerno di villa matildeUn ottimo Falerno del Massico Bianco è l'Aloara di Moio, con un bel paglierino dorato. Al naso risulta tropicale e minerale, con un bel palato sapido e solido. Ottimo per il saltimbocca alla romana, molto reputato dai sommelier.

Sempre da Moio anche il Falerno del Massico Bianco generico, paglierino, con profumi di ananas e fiori gialli, e la bocca minerale e sapida, da provare con gli spaghetti al polpo.

Gran vino anche da Villa Matilde, con il Falerno del Massico Caracci, dorato brillante, con un ottimo olfatto fumé e tostato, rinfrescato dal cedro e scaldato di nuovo dalla pesca matura. Palato di grande aristocrazia, fino, equilibrato e molto sapido, con richiami esotici. Perfetto per la sella di coniglio alla erbe.




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