Uva senza semi
L'uva senza semi è un fenomeno naturale che riguarda anche altri frutti detto dell'
apirenia, parola di origine greca che significa appunto
senza semi. I Greci infatti, come altri popoli antichi, avevano già notato il fenomeno e indicavano queste uve come
uve apirene nei cui acini erano assenti i semi e ne raffigurarono i grappoli in numerose ceramiche e monete della Magna Grecia. Le uve apirene spesso sono della varietà Corinto o Sultanina, e viene in genere utilizzata per l'appassimento e la produzione di uva secca o passa come per la famosa uva sultanina appunto. Ma ultimamente le uve apirene senza semi hanno trovato ampie fette di mercato anche per la vendita di uva fresca da tavola, apprezzata dai bambini che trovano più semplice mangiarla senza semi, e dall'industria di confetture che in questo modo elimina una fase della lavorazione per l'eliminazione dei vinaccioli. Viene sempre piu usata anche in pasticceria, sia artigianale che industriale, per lo stesso motivo. In questo anche altri frutti apireni vengono utilizzati.
L'apirenia dicevamo è un fenomeno naturale in cui gli acini non producono semi, con di dimensioni più piccole in confronto a quelli produttori di seme. I botanici differenziano due tipi di apirenia, la Stenospermocarpia in cui i semi vengono definiti rudimentali come per l'uva Sultanina, e la Partenocarpia in cui i semi sono del tutto assenti, come nel caso dell'uva Corinto. Nel primo tipo vengono classificate tutte le varietà che sono vendute come frutta fresca, in cui compaiono dei semi molto piccoli, rudimentali appunto, che sono stati ”abortiti” dalla pianta. In questo tipo la pianta viene impollinata nel fiore e quindi fecondata ma l'acino blocca la sua crescita rimanendo così di piccole misure facendo morire l'embrione, il seme, che non svilupperà più gli ormoni della crescita. I piccoli semi che si trovano all'interno dell'acino saranno quindi atrofizzati e privi di vita mantenendo comunque le loro pareti legnose. Per fare un esempio su come siano questi semi si può fare riferimento a quelli bianchi e secchi che si trovano spesso nelle angurie.
Nel tipo delle uve partenocarpiche invece si ha l'impollinazione ma non la fecondazione e quindi la produzione dell'embrione, il seme. Gli acini crescono per l'effetto che l'impollinazione provoca nella produzione degli ormoni della crescita facendo moltiplicare e dividere le cellule dell'ovario come se la fecondazione fosse avvenuta fecondazione. L'effetto è temporaneo e le dimensioni degli acini restano così piccole che non trovano nessuna applicazione commerciale. Per maggiorarne le dimensioni si possono utilizzare delle tecniche di forzatura e stimolazione ormonale o dell'incisione anulare che aumentano anche le concentrazioni di zuccheri, ma la necessità di ottenere acini di grandi dimensioni e comunque un intervento ormonale scoraggiano del tutto questo tipo di tecniche.
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Le uve senza seme sono comunque forzatamente di dimensioni più piccole e questo pone un problema tra la richiesta di questo tipo di uve e le necessità dei produttori che gradirebbero grandi dimensioni. I coltivatori si vedono quindi spesso costretti a ricorrere alla stimolazione delle viti con dei fitormoni di sintesi, con concimazioni pesanti e rivedendo i metodi di allevamento per riuscire ad ottenere chicchi di dimensioni sempre maggiori. Questo porta a due problematiche fondamentali, da una parte di natura economica e dall'altra di natura organolettica. Dal punto di vista economico chiaramente l'acquisto di questi prodotti e lo studio di nuove tecniche aumenta notevolmente i costi. Dal punto di vista organolettico invece l'applicazione di queste tecniche comporta un disequilibrio della pianta, con conseguenti variazioni dei gusti in genere tendenti all'erbaceo, oltre che ha una perdita della personalità stessa dell'uva e della sua natura biologica.
Oltre ai problemi etici ci si pone di fronte anche ad altri problemi commerciali quindi sulla qualita stessa del prodotto. In molte ricerche effettuate negli ultimi anno comunque sembra che la tendenza del consumatore sia quella di preferire la qualità alla quantità e quindi anche di preferire acini piu piccoli ma più gustosi a quelli grandi e scialbi che si possono ottenere dalla stimolazione ormonale e dalle altre tecniche.
Quindi si può facilmente immaginare che questo genere di pratiche verranno via via abbandonate per sfruttare solo l'apirenia naturale, in modo che si mantenga l'equilibrio e non si alteri la pianta.
In questo modo il consumatore potrebbe disporre di un prodotto conosciuto e consumato da millenni senza per questo assimilare sostanze stimolanti che tra l'altro, non sono nemmeno ancora state studiate nei sui effetti sull'organismo umano. Si prevede quindi che l'utilizzo delle uve apirene sarà sempre più biologico, grazie anche ad una maggiore attenzione da parte dei consumatori.
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