Uva e vino
Da quando l'uomo scopri l'alcol, e successivamente capì come produrlo, inizio una lunga ricerca che avrebbe condotto questo elemento ad essere uno dei più importanti nella storia dell'umanità, fonte di gioia e festa, elemento divino e terreno.
All'inizio sembra che l'uomo utilizzasse il miele per la fermentazione, ma presto scoprì che l'uva dava risultati eccezionali, variabili a seconda delle specie, identificabili con il territorio. E così l'uomo scoprì il vino, che lo accompagnerà in guerra come in pace, per millenni fino ai giorni nostri.
Nacque allora quel legame indissolubile tra l'uva e il vino, tra il vino e l'uomo, e quella lunga ricerca che ancora oggi perdura nelle vigne di tutto il mondo, con persone appassionate sempre alla ricerca di miglioramenti, sempre intenti a raggiungere la perfezione.
Le uve sono coccolate, amate e accudite come fossero dei figli, pur di ottenere il prezioso nettare che è entrato nell'uso quotidiano fin dai tempi più remoti.
Dalla bibbia ai testi latini, dai segretari dei Papi ai consiglieri di Re e Regine, tutte le epoche hanno scritto di vino, di uva e di uomini. Alcune civiltà come i Romani, nelle loro conquiste, ponevano le vigne come prima pietra della loro presenza. I Fenici importarono le loro viti in Sardegna, per farne una cultura e un commercio.
Non c'è epoca o Re che non abbia subito il fascino del vino, che non abbia preteso il meglio dalle uve, non c'è popolo che non si sia dissetato con il prezioso nettare.
E proprio l'amore per il vino ha fatto dell'uva una delle piante più manipolate di tutto il pianeta, con incroci continui nel tentativo di migliorarla e ottenere la perfezione.
Perché il buon vino inizia dalla buona uva, e la ricerca continua di miglioramenti deve iniziare dalla materia prima, il vitigno.
Via via, a partire dai Greci, i primi sperimentatori, o se vogliamo, i primi veri allevatori di uva, tutti hanno cercato di migliorare le poche specie esistenti creando una varietà di quasi 1000 vitigni diversi, per correggere i difetti e i problemi, o ottenere aromi più penetranti e gusti migliori.
Oggi, molte di queste antiche varietà, sono considerate alla stregua di vere e proprie opere d'arte, per l'intensità di aromi che riescono a fornire al vino. Molte varietà hanno poi subito delle mutazioni spontanee, più o meno riuscite, mentre altre sono legate al vino con un'identità unica, come lo Chardonnay, che è sinonimo di vino.
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In Italia soprattutto, ma anche nel resto del mondo, ormai molti associano il nome dell'uva al vino, anche se questo dice poco. Infatti una varietà può dare risultati molto diversi. Questa è un'associazione del tutto sbagliata, in quanto ci si aspetta un risultato omologato, non capendo che la bellezza del vino è proprio nella sua identità con il territorio, o per meglio dirla alla francese, con il terroir.
Infatti i Francesi non identificano mai il vino con il nome del vitigno, e quando questo succede,, anche per la legge, ci deve essere la purezza della varietà nella bottiglia. Invece si identifica sempre il territorio, come nei grandi italiani, dove avviene esattamente la stessa cosa.
Chianti, Brunello, Barolo, Côte Rotie, Graves, Sauternes, non è un torto nei confronti delle uve, le principali protagoniste del vino, anzi, è una loro difesa estrema dalla moda attuale di chiamare il vino con il nome del vitigno, come se questo bastasse a fare il prezioso nettare.
In questo modo scompare tutto il resto. Il territorio, la casa dell'uva, il suo clima, la passione del coltivatore e la professionalità del produttore. Come se l'uva fosse solo un nome, e non l'amore che invece esprime e si esprime nel coltivarla.
Cosi capita spesso purtroppo negli ultimi tempi che un sommelier si senta dire voglio un Pinot Grigio, come se il resto non esistesse. E di questo hanno approfittato quei produttori poco interessati alla qualità e molto alla quantità e ai profitti. Basta mettere il nome del vitigno in etichetta per vendere, soprattutto nei paesi anglosassoni dove la conoscenza del vino è scarsa.
Invece bisogna avere una perfetta conoscenza del territorio e del produttore, per capire ed amare il vino.
E solo allora potremo dare del tu all'uva, una volta compreso l'amore che c'è nel coltivarla ed accudirla. Ed ecco che dall'amore esclusivo dei Piemontesi nasce il Barolo dal Nebbiolo, da quello dei Toscani nasce il Brunello dal Sangiovese e cosi via.
Non si può estromettere il vitigno dal territorio. Ogni vitigno fornisce dei risultati diversi a seconda di numerose variabili, in cui partecipano l'uomo e la natura insieme. E i migliori risultati si hanno sempre quando l'uomo e la natura si identificano come una sola entità, in rispetto reciproco.
Questo è l'approccio che deve avere ogni appassionato che voglia intendersi di vino. Conoscere il nome di un vitigno non basta, per conoscere il vino.
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