Le qualifiche
Il termine qualifiche nel vino è spesso generico e frainteso, anche se la legislazione ne attribuisce le menzioni ad alcune caratteristiche particolari del prodotto, da indicare poi in etichetta con apposite menzioni in modo da orientare il consumatore verso una scelta consapevole della bottiglia che sta acquistando.
Lo stesso termine qualifica viene però utilizzato dalla legge per indicare alcuni aspetti della giurisdizione in materia alimentare per designare nuove denominazioni.
Questo fa si che si possano differenziare quelli che sono gli usi generali che si fanno in ambito legislativo come definizione per attribuire una certa qualifica generale, e gli usi invece che si fanno della definizione qualifica nello specifico ambito del disciplinare che stabilisce le regole di una denominazione. Per l'enologo l'importanza del termine generico di qualifica è irrilevante, mentre è molto importante quello specifico attribuito nel disciplinare.
Vale comunque la pena accennare anche al primo solo per non dare adito a reinterpretazioni fuorvianti.
Il termine qualifica si trova in rari casi nel linguaggio giuridico di una legge solo per indicare una determinata appartenenza qualitativa ad una determinata categoria già stabilita e regolamentata in maniera generale, per esempio da una legge nazionale.
Cosi si può indicare che una denominazione di origine controllata sia una
qualifica di una determinata area di produzione stabilita come creazione normativa. In parole povere si stabilisce, tramite una legge nazionale, un qualifica a cui far appartenere una determinata tipologia di prodotti, a cui faranno riferimento poi i produttori che intendano avvalersi, se possibile, di quella determinata qualifica. La legge nazionale in questo caso stabilisce solo la creazione di una qualifica, che categorizza una determinata produzione, che sarà poi successivamente regolamentata da un apposito disciplinare a seconda delle specifiche locali o di categoria della qualifica.
Nel caso dei vini, la legge nazionale stabilisce la creazione di quattro categorie, o qualifiche, per la produzione dei vini italiani, ovvero la Denominazione di Origine Controllata DOC, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita DOCG, l'Indicazione Geografica Tipica IGT e il Vino da Tavola VdT.
Queste sono le quattro qualifiche, irrilevanti per l'enologo, con cui vengono categorizzati i vini. Potrebbe succedere quindi, come accaduto nelle recenti disposizioni di legge in materia di passaggio dalla DOC alla DOCG, di leggere il termine di appartenenza alla qualifica DOC per almeno 10 anni come vincolo necessario per richiedere la denominazione controllata e garantita. Ma questo è un linguaggio puramente giuridico che poco interessa l'appassionato o l'enologo.
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Molto più interessanti invece sono, per l'appassionato e l'enologo, cosi come per il produttore e il consumatore, le qualifiche del vino per quel che concerne lo specifico del disciplinare, dove queste sono utili per avere delle indicazioni specifiche sul tipo di vino acquistato, nell'ambito della stessa denominazione.
Le qualifiche sono stabilite solo per i vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita DOCG e quelli a Denominazione di Origine Controllata DOC, e servono ad orientare il consumatore per quel che riguarda caratteristiche specifiche zonali, di gradazione alcolica, di invecchiamento ed altre.
Le qualifiche sono poi autorizzate come menzioni sulle etichette quando il vino rispetta quelle determinate caratteristiche.
Le qualifiche attualmente autorizzate dalla legge sono tre: Riserva, Superiore e Classico.
Esse indicano e devono rispettare alcuni criteri, che siano zonali o peculiari alla vinificazione, che sono stabiliti di volta in volta dal disciplinare di produzione di ogni singola denominazione, sia DOC e DOCG. Possono variare a seconda del disciplinare o della denominazione e devono essere espressamente previste dalla regolamentazione del singolo disciplinare. Ove queste non siano state inserite, non possono in alcun modo essere utilizzate in etichetta.
Con l'indicazione della qualifica Riserva in etichetta, si indicano vini con invecchiamento minimo obbligatorio di almeno due anni, e una gradazione alcolica superiore al vino generico che deve essere stabilita di volta in volta dal disciplinare, secondo le caratteristiche specifiche del vino.
Queste caratteristiche sono variabili a seconda della varietà d'uva, che fornisce gradazioni alcoliche diverse ad esempio, a seconda del vitigno utilizzato, e quindi devono essere stabilite in base alla gradazione alcolica ottenibile con una determinata vinificazione, uva e allevamento della stessa.
I disciplinari generalmente indicano con la qualifica riserva un invecchiamento dai tre ai cinque anni.
Questa qualifica, molto simile alla precedente, indica un invecchiamento minimo obbligatorio ed una gradazione alcolica più elevata rispetto al vino generico giovane. Rispetta le stesse linee legislative della menzione Riserva e in genere si usa per invecchiamenti di almeno un anno con un grado alcolico superiore di 0,5% vol rispetto al generico giovane.
La qualifica Classico invece si riferisce ad una sottozona particolare indicata dal disciplinare, spesso corrispondente all'area storica di produzione di un determinato vino. Un esempio è la differenza tra il Chianti generico, prodotto in una vasta area, e il Chianti Classico, prodotto invece nella zona ristretta che storicamente ha sempre prodotto questo vino.
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