Vesuvio
L'area vinicola del Vesuvio DOC è ovviamente, come fa intuire il suo nome, quella a ridosso del famoso vulcano e le colline che lo circondano, dall'entroterra fino al mare.
L'intensa attività vulcanica passata ha ricoperto in superficie un territorio complesso di formazione tettonica nata dallo scontro con la placca africana.
La catena appenninica che domina la regione è una struttura a falde di ricoprimento derivante dalla deformazione di un insieme di domini paleogeografici costituiti da piattaforme carbonatiche e bacini pelagici, che costituiscono appunto il bordo esterno della placca africana.
A partire da un’unica piattaforma a sedimentazione marina , rappresentata da evaporiti e carbonati di mare basso, per l'azione di una separazione continentale, si è avuto un inizio di oceanizzazione presto abortito. In seguito si verificò la differenziazione in una serie di piattaforme carbonatiche di tipo bahamiano caratterizzate da un’alta velocità di sedimentazione e separate da una serie di bacini, al cui interno si sono depositati enormi spessori di sedimenti marini, transizionali, continentali
e vulcanici.
Il clima è molto mite e temperato, con la vicinanza del mare che rende le estati poco afose per effetto delle brezze marine presenti.
I vitigni rossi che vengono coltivati per la produzione del Vesuvio DOC sono i tre grandi autoctoni campani: il Piedirosso, localmente detto Palombina, lo Sciascinoso (localmente detto Olivella), e l'Aglianico.
Il Piedirosso è il vitigno a bacca rossa più diffuso in Campania, dopo l'Aglianico. È vigoroso e predilige forme di allevamento espanse. Le produzioni sono medio-basse, la maturazione tardiva tra la prima e la seconda decade di ottobre, dove raggiunge una buona acidità totale di e un alto tenore in zuccheri che apportano alcolicità.
L'Aglianico, l'altro grande autoctono campano, viene allevato generalmente con il metodo a Guyot o a cordone speronato. Predilige i terreni di origine vulcanica e si trova a suo agio nel territorio napoletano che ha origine proprio dalle attività vulcaniche di formazione preistorica. Ha l'acino sferoide, e una buccia pruinosa, colore quasi blu e una polpa ricca acida-astringente. Ai vini apporta un colore rubino intenso, con aromi pieni classici del terreno ricco vulcanico di potassio, con una spiccata astringenza che si può addolcire nell'invecchiamento in barrique, seguito da un lungo affinamento in bottiglia. È ormai considerata una delle migliori uve rosse d'Italia, anche se le sue potenzialità non sono ancora del tutto espresse. Ha anche spiccate attitudini per la coltivazione in regioni fredde e ad altitudini elevate, grazie alla germogliazione e maturazione precoci.
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La denominazione di origine controllata Vesuvio vide la sua nascita dal decreto ministeriale del 13 gennaio 1983, per autorizzare la produzione di vini bianchi, anche spumanti e liquorosi, rossi e rosati nei territori comunali di Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Boscoreale, Torre Annunziata, Torre del Greco, Ercolano, Portici, Cercola, Pollena – Trocchia, Sant’Anastasia e Somma Vesuviana, tutti in provincia di Napoli.
Le uve sono cosi disciplinate: Piedirosso (localmente detto Palombina) da solo o congiuntamente allo Sciascinoso (localmente detto Olivella) per non meno del 80% con una presenza minima del 50% di Piedirosso. All'assemblaggio possono concorre alla produzione dei vini anche le uve dell'Aglianico presenti nei vigneti fino ad un massimo del 20%.
Questo taglio è valido sia per il rosso generico Vesuvio che per la tipologia Lacryma Christi.
Le rese massime autorizzate sono fissate a 10 tonnellate per ettaro, e devono garantire un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 10,00% vol.
I vigneti autorizzati all'iscrizione all'albo sono quelli su terreni di buona esposizione in declivio, di natura vulcanica, ricchi di potassio e con esclusione di quelli particolarmente umidi.
Le operazioni di vinificazione possono essere effettuate anche nel territorio amministrativo delle province di Napoli ed Avellino fermo restando che le ditte interessate dimostrino di aver vinificato questo vino con le regole del disciplinare e di aver tradizionalmente utilizzato in passato la denominazione Vesuvio.
Le tipologie autorizzate sono Il Vesuvio Rosso e il Lacryma Christi Rosso. Quest’ultimo deve essere prodotto da uve con resa massima del 65% e che garantiscano un grado alcolico totale minimo di 12,00%.
Il Vesuvio Rosso ha colore rosso rubino più o meno intenso, con un profumo gradevolmente vinoso e un sapore asciutto e armonico.
Il Lacryma Christi Vesuvio Rosso ha sempre colore rosso rubino più o meno intenso, ma il suo profumo è vinoso e fruttato, con un sapore asciutto, di corpo, vellutato, lievemente tannico e armonico.
De Angelis produce il Lacryma Christi del Vesuvio Rosso dal 60% di Piedirosso e il 40% di Aglianico, con colore rubino trasparente. Il naso è floreale e fruttato, con eleganti note di erbe di campo. Al palato è sapido e fresco, con un ottimo finale fruttato. Per lui la pasta al ragù.
De Falco Vini ha un Lacryma Christi del Vesuvio con l'80% di Piedirosso con un bel colore rubino dalle sfumature porpora. I profumi sono di marasca , rosa rossa, erba falciata e humus. Il gusto è ricco, con tannini vivaci e finale fruttato. Il prezzo è decisamente invitante per gli abbinamenti con la carne mista grigliata.
La Grotta del Sole invece assembla il 90% di Aglianico e il 10% di Piedirosso per il suo Lacryma sempre rubino con unghia porpora. Nel profumo c'è la marasca matura, la viola e le note erbacee. Il palato è leggero e saporito, con tannini levigati. Adatto per le polpette al sugo.
Manumurci ha un Lacryma rubino trasparente, con naso di erbe aromatiche e frutta matura, leggermente pepato. Leggero, sapido e fruttato, si abbina sempre con le polpette al sugo.
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